Guariento detto di Arpo (nome del padre) fu un pittore italiano attivo nel XIV secolo, considerato la prima personalità a ricoprire un vero e proprio ruolo di artista di corte nella Padova del Trecento.

Di lui si possiedono solo notizie frammentarie: uno dei metodi più idonei per approfondire questo personaggio ancora poco noto è scavare nella sua giovinezza e nell’ambiente della sua formazione. Nacque intorno al secondo decennio del 1300 (si suppone circa nel 1310) e nel 1369 risultava già deceduto.

Il luogo di nascita è con tutta probabilità Piove di Sacco anche se i primi documenti che attestano la sua attività risalgono al 1338. Chiave della ricerca è un documento notarile del 1352 di cui si era già a conoscenza grazie a studi precedenti, ma con un’errata interpretazione. Per 1200 lire Tebaldo negociator del fu Francesco de Zante vendeva a Guariento una serie di immobili: i campi oggetto di scambio appartenevano al territorio della Saccisica, di cui gli ultimi sette confinanti con terre già possedute dal magister Guarientus. Queste erano in contrada di San Francesco a Piove di Sacco.

È altamente plausibile quindi che in quei terreni fosse stata costruita la casa paterna dove Guariento trascorse la sua infanzia. Vi è un’altra pergamena, appartenente ad una collezione privata, datata 1366 che conferma questa tesi: è un certificato che nomina la presenza di Guariento e le sue proprietà a Piove ed è ulteriore prova che in quel preciso anno il pittore era ancora vivo. Già nel documento del 1338, quando Guariento doveva avere poco più di vent’anni, è nominato come del “fu Arpo”: il padre quindi era già deceduto. Il fatto che il pittore fosse rimasto orfano in giovane età induce a pensare che qualcun’altro lo avesse preso sotto la sua protezione. Alberto, arciprete di Piove di Sacco, fu colui che probabilmente ne comprese il genio e l’assistette durante la sua adolescenza, istruendolo (del resto, per il Duomo di Piove di Sacco, con dedica all’arciprete Alberto, Guariento eseguì nel 1344 il Polittico dell’Incoronazione, oggi alla Norton Simon Foundation).

Piove al tempo era un importante centro: nel primo Trecento aveva assistito ad una vivace fioritura artistica, soprattutto nei luoghi sacri come la Chiesuola di Santa Maria dei Penitenti e la Chiesa di San Nicolò. Guariento, giovanissimo, imparò qui l’arte di dipingere e poi, spostandosi a Padova, mise alla prova le sue conoscenze, potenziando le sue capacità. Si formò forse alla scuola dei riminesi attivi a Padova nel terzo decennio. La sua attività si estese anche a Venezia ed eseguì degli affreschi a Bolzano, purtroppo distrutti nel 1944. La sua unica opera firmata è la Croce ora al Museo di Bassano, databile 1331-1332. Coevo è anche il Busto del Redentore di Padova, superstite tabellone superiore di una croce dipinta, con forti influssi giotteschi. Intorno al 1351 eseguì la decorazione delle tombe di Ubertino e Jacopo da Carrara, la cui parte scultorea fu affidata al veneziano Andriolo de Santi. I sepolcri dei due principi si trovavano nella chiesa di Sant’Agostino e, dopo la distruzione nell’Ottocento, furono trasportati agli Eremitani. In questa commissione Guariento dimostra una notevole abilità ritrattistica, mentre il colorismo è delicato e raffinato. Verso la metà del secolo il pittore ebbe contatti con l’ambiente veneziano: erano i gloriosi anni del dogado di Andrea Dandolo, un signore colto e moderno, che teneva corrispondenza epistolare con Francesco Petrarca. Quest’ultimo, dal 1349, soggiornava a Padova. Gli influssi bizantineggianti sono evidenti in una delle opere più ambiziose di Guariento: la decorazione della cappella privata dei Carraresi, ora sede dell’Accademia Galieliana.

In questo periodo approfondì le sue conoscenze matematiche e prospettiche, discipline allora studiate all’Università patavina. Verso il 1361, a testimonianza della fama raggiunta, eseguì delle figure allegoriche per la tomba del Doge Dolfin nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, molto vicine a quelle dello zoccolo della decorazione dell’abside maggiore della Chiesa degli Eremitani, 2 affreschi compiuti agli inizi del settimo decennio del Trecento, certamente prima del 1367, e che dimostrano una comprensione matura della prospettiva. Il ciclo padovano purtroppo fu rovinato per più della metà nel fatale bombardamento del 1944 che distrusse anche la cappella Ovetari (rimane oggi la parete sinistra del presbiterio, a partire dall’arco di accesso, una modestissima zona dell’abside e della zona inferiore del carino absidale a sinistra). Intorno agli anni Sessanta Guariento compì un viaggio a Venezia, nel corso del quale dimostrò la sua padronanza nella pittura: si tratta del celebre Paradiso dipinto nel 1366-1367 per Palazzo Ducale, gravemente danneggiato nel 1577 e ricoperto dalla tela del Tintoretto di analogo soggetto. È l’opera che diede al pittore piovese la maggior fama e fu celebrata dagli scrittori veneziani e non solo, data l’influenza che esercitò sull’arte lagunare fino all’inizio del Quattrocento. Altre opere collocabili in anni avanzati dell’attività sono le Madonne di Londra, Berlino e New York nelle quali si cogli un’accentuazione degli elementi gotici e della profondità dell’ambientazione. Nel 1367 Guariento, a Padova doveva essere definitivamente tornato. Qualche critico gli attribuisce almeno l’inizio delle decorazione della sala degli Uomini Illustri nella reggia dei da Carrara, continuata e terminata, dicono, da Avanzo, arrivato da poco da Verona.

In questi anni Guariento terminava la sua carriera, tutta tesa in una continua ricerca di un sempre più raffinato linguaggio gotico, intriso di aspetti “cortesi” e con forti slanci verso il gotico internazionale. Avrebbe lasciato il posto ai pittori della nuova generazione trecentesca attivi anch’essi nella Padova carrarese, vale a dire Avanzo, Altichiero e Giusto de’ Menabuoi, artisti che si appellarono soprattutto alla volumetria giottesca senza formalismi gotici e sottigliezze grafiche. Guariento nel 1369 risulta già morto.