«Nel 1936 siamo arrivati nell’Africa orientale e abbiamo messo lì un viceré, perché il re ce lo siamo tenuti in Italia, il governo ce l’aveva uno solo, il Mussolini, che si era scelto invece come soprannome “Duce.”
Quando è nato il principe di Napoli, Vittorio Emanuele di Savoia, bisognava festeggiare come nelle favole il re, la regina, il viceré, il maresciallo, il duce, i soldatini e la banda. L’Etiopia l’avevamo occupata con la guerra, una splendida e avventurosa guerra. Di battaglia in battaglia era diventata italiana. Tutti si festeggiava il principino appena nato, in patria e nell’Impero.
Ma visto che eravamo fascisti e ci si comportava da imperialisti era come essere in guerra sempre, perché mica a tutti andava bene essere occupati, e al nostro viceré gli fanno un attentato mentre brindava alla dinastia dei Savoia. La rappresaglia italiana è immediata, il duce e il Graziani, che era il viceré, si raccomandano che i primi a essere “passati per le armi” siano i cantastorie. Così nessuno potrà raccontare e ricordare. Poi “passano” tutti gli altri: i sospettati e i neri. Quindi tutti.
A Debra Libanos, l’antico monastero copto sulle montagne etiopi, si “passano” i monaci e i pellegrini durante la festa di San Michele, così, quasi per gioco. Io sono un cantastorie italiano e mi vergogno un po’ per quello che abbiamo combinato in Africa orientale, mica come italiano, come essere umano.
Era bello il monastero, e pieno di cultura, prima che lo avvolgesse il silenzio.»
di Roberto Abbiati e Lucia Baldini
con Roberto Abbiati
video di Lucia Baldini e Nicolò Colzani
musiche di Alessandro Nidi e Moustapha Dembélé – Zam